ANDROCLO E IL LEONE - GEORGE BERNARD SHAW Androclo e il leone, scritto nel 1913, si ispira a un episodio narrato da Aulo Gellio, che Shaw adattò liberamente alla sua commedia. Androclo, un povero sarto cristiano, mentre attraversa una foresta dell’Africa, con la moglie Megera, incontra un leone e gli toglie una spina che gli si era conficcata in una zampa. In seguito Androclo viene condotto a Roma e, per la sua fede, è condannato ad essere divorato dalle fiere nel Colosseo. Ma mentre i suoi compagni di sventura di fronte al pericolo non resistono alla tentazione di rinnegare Cristo, Androclo si trova dinanzi lo stesso leone che aveva guarito in Africa: gli spettatori assistono a un singolare, affettuoso incontro tra due vecchi amici, anzi Androclo ammansisce il leone che insegue l’imperatore terrorizzato. Questa la vicenda, rappresentata con il senso di humour caratteristico di Shaw, sullo sfondo di una spiritosa rievocazione storica. L’azione si svolge al tempo delle prime persecuzioni contro i Cristiani e Shaw, in una lunga prefazione, discute la validità dei Vangeli, la storicità della figura di Gesù e le reali intenzioni della classe dominante dell’epoca che, perseguitando i Cristiani, intendeva soprattutto difendere i propri interessi su cui gravava la minaccia di pericolose novità. |
BENE MIO E CORE MIO - Eduardo De Filippo
“Bene mio e core mio, - spiega Eduardo, - è la espressione abituale con la quale la gente del mio paese diagnostica e sintetizza ironicamente il tiro mancino che di sovente vien praticato ai suoi danni da una insospettabile persona di famiglia, che, valendosi ipocritamente di legami di sangue, assestando il colpo, non solo si fa attenta nel prodigare tenerezza affetto e bene “disinteressato”, ma riesce altresì a fare risultare lo spirito di sacrificio che determinò il suo gesto, nonché la colpa totale e l’intera responsabilità delle conseguenze che ne deriveranno, a carico del congiunto danneggiato”. Commedia della furberia, dunque, questa nuova opera di Eduardo, intrigo di famiglia che l’autore scioglie con la magistrale abilità scenica, la delicatezza, l’umana sincerità, l’espressivo vigore che hanno fatto di lui uno dei primi nomi del teatro italiano contemporaneo. E come in tutte le commedie di Eduardo, non manca anche in questo Bene mio e core mio una maliziosa lezione: la furberia sfrutta l’umanità, ma l’umanità può avvalersi di una maggior furberia per resisterle. |
GINEVRA - UNO SPRAZZO DI REALTÀ - PERCHÉ LEI NON VOLLE - GEORGE BERNARD SHAW Ginevra è una delle opere di Shaw più rappresentative di quell’atmosfera di compromessi, paure, astuzie che portarono l’Europa al disastro della seconda guerra mondiale. Bernard Shaw porta sulle scene, con questa commedia, la “ Società delle Nazioni” e coglie i lati più ipocriti e convenzionali di quell’Istituto che doveva essere, e non lo fu, lo strumento della pace e della prosperità dei popoli. L’autore ci presenta i personaggi storici che ieri detenevano il potere; non solo i vari dittatori, ma gli stessi uomini politici inglesi vi appaiono colti con quel sottile “humour” che è proprio di questo autore. E’ una commedia satirica che si legge con interesse; in essa ritroviamo tutto il paradosso, il sarcasmo, il grottesco dell’arte di Bernard Shaw. Completano il volume due atti unici: Uno sprazzo di realtà, piacevole divertissement, situato all’epoca del rinascimento italiano e Perché lei non volle che studia e illumina con profondo acume un aspetto della psicologia femminile. |
I CAPOLAVORI DI EDUARDO - vol.1 - Eduardo De Filippo
La motivazione del premio Antonio Feltrinelli 1972 per il teatro, assegnato dall’Accademia dei Lincei a Eduardo, ha ricordato come egli abbia saputo dar vita “ a un personaggio unico, sempre se stesso e sempre diverso, di una intensa, patetica, dolorosa comicità, vittima cosciente del tempo senza carità in cui vive. Pochi altri scrittori sono riusciti a dare, con eguale dose di verità e di poesia, la rappresentazione comica, grottesca, drammatica di una città, Napoli, che è essa stessa un immenso teatro … “ Eduardo, è stato detto, “ riassume nella sua personalità tre figure rimaste, nella pratica odierna del palcoscenico, isolate e divise, ma che, dal Ruzante a Molière ai nostri comici dell’arte, costituiscono gli elementi essenziali della drammaturgia: l’autore, l’attore e il regista”. Questi due volumi raccolgono le opere più significative che Eduardo è andato scrivendo in oltre quarant’anni, e si propongono di rinnovare l’incontro umanissimo con uno dei protagonisti della cultura italiana del nostro secolo. |
I CAPOLAVORI DI EDUARDO - vol.2 - Eduardo De Filippo
Nello scritto introduttivo che ha steso per questa edizione, Eduardo ci parla dei vari momenti che concorrono alla nascita delle sue commedie. Alla base del suo teatro c’è sempre il così a conflitto tra individuo e società: “tutto ha inizio, sempre, da uno stimolo emotivo”, la pietà, lo sdegno, l’amore, “le emozioni che si avvertono nel cuore”. Sorretto da “uno spirito di osservazione instancabile, ossessivo, che mi ha tenuto e mi tiene inchiodato al mio prossimo e che mi porta a lasciarmi affascinare dal modo d’essere e di esprimersi”, Eduardo ha saputo assorbire “avidamente, e con pietà, la vita di tanta gente”, giungendo così a creare un linguaggio che, “sebbene elaborato teatralmente, diventa mezzo di espressione dei vari personaggi e non del solo autore”. |
IL GIOCO DEL BURATTINAIO - Mario Signorelli
Un’artista ormai nota in tutto il mondo torna a spiegare, a distanza di molti anni dalla comparsa in queste stesse edizioni del suo primo libro sull’argomento, come si costruiscono burattini, marionette e teatrini casalinghi, come si può organizzare una recita con le ombre, cosa sono le “marottes” e i pupazzi giavanesi, come si fanno maschere di cartone, animali di tutte le specie, effetti sonori e visivi facili e divertenti. Un centinaio di figure schematiche guidano il lettori grandi e piccoli nel loro gioco comune, mentre sei brevi commedie inedite costituiscono un repertorio pronto per le recite o esemplificativo per quanti vogliano mettere in scena testi del tutto personali. |
IL TEATRO DADA E SURREALISTA - Henri Béhar
Questo panorama dell’esperienza dadaista e surrealista in ambito teatrale costituisce per limpidi, essenziali, profili una vera e propria “piccola storia” delle avanguardie storiche francesi nel loro complesso. Lo spettacolo fu infatti per Tzara prima, per Breton e compagni dopo, l’area preferenziale in cui esplicitare il proprio vigoroso furor polemico e in cui dare corpo alla complementarità e simultaneità delle più svariate ricerche espressive. Bèhar non si limita quindi alla lettura e all’interpretazione, a livello letterario, di singole partiture teatrali: ma le cala nel contesto delle ferventi polemiche, degli incontri – scontri, delle collaborazioni collettive, attraverso le quali il movimento dada e quello surrealista si imposero all’attenzione di tutta la cultura europea. Il curatore dell’edizione italiana Giovanni Lista ha arricchito il testo di Bèhar di una intelligente introduzione e di una bibliografia aggiornatissima delle moderne realizzazioni di tutti i testi teatrali presi in esame. |
I MILIARDI DEL VECCHIO BILL - AI TEMPI D'ORO DEL BUON RE CARLO - GEORGE BERNARD SHAW Combattere, con le mani dell’arguzia, false verità e compromessi morali; attingere una originaria integrità dell’individuo, aspirazione suprema del suo mondo di artista, significa, per Shaw, operare per un reale miglioramento della società. Conforme a questo duplice carattere, gnomico e poetico, l’opera del Drammaturgo irlandese alterna a una attenta ricostruzione di cronaca quotidiana, visioni di paesi esotici, remoti dalla nostra civiltà. A tale contrasto di ambienti e di valori è ispirata la divertente e patetica storia di Bill Buoyant e della sua famiglia: gente afflitta da troppi soldi e del tutto priva di radici, che si rifugia in sterili evasioni perché incapace di affrontare la vita. Con la seconda commedia, estremo frutto della sua stagione drammatica, lo Shaw porta sulla scena una delle più discusse figure della storia inglese: Carlo II, l’”allegro monarca”. Del frivolo e dissoluto sovrano vengono qui messi in luce l’affabilità, l’umorismo e l’intuito diplomatico. |
IL DILEMMA DEL DOTTORE - GEORGE BERNARD SHAW
Chi salvare, dovendo scegliere? Un mascalzone geniale, oppure un galantuomo qualunque? Lasciare che un uomo viva e riveli la sua abiezione, oppure farlo morire perché la memoria di lui rimanga intatta agli occhi di una sposa felice? Complicato è il dilemma dinanzi al quale è posto il dottor Ridgeon, per di più innamorato della moglie del mascalzone. Il lettore di questa tragedia di Shaw conoscerà lo scioglimento del dilemma. Naturalmente, la parola “tragedia” va presa in questo caso con riserva. Anche se la morte è presente, siamo pur sempre di fronte ad un opera di Shaw, ricca delle risorse e delle sorprese d’uno spirito inesauribile. Talmente inesauribile da farci dimenticare il sottinteso polemico, ampiamente esposto nella lunga premessa. In un poscritto del 1930 alla sua prefazione, Bernard Shaw osserva come, da quando nel 1906, la tragedia era stata scritta, grandi passi fossero stati fatti per stabilire un controllo pubblico sulla professione medica. Oggi in Inghilterra l’esercizio privato della medicina è praticamente abolito. E le tesi di Shaw, ieri paradossali e rivoluzionarie, sono da tutti accettate e ritenute ortodosse. Il caso non è nuovo, ma non per questo è meno significativo. |
IL GIUDIZIO UNIVERSALE - I SEI DI CALAIS - LA MILIARDARIA - GEORGE BERNARD SHAW
Questo volume raccoglie tre opere che Bernard Shaw scrisse tra il 1934 e il 1936 quand’era, cioè, sullo scoccare degli ottant’anni. La prima che egli chiamò una visione del “ Giudizio Universale” si riallaccia con gioconda ironia, alle sue dialettiche battaglie sulla genesi umana e sulla longevità; la seconda è un tipico bozzetto storico e descrive, secondo un sistema che il commediografo irlandese aveva seguito in altre sue opere, un grande monarca alla luce dei propri difetti e delle proprie virtù di uomo, anzi di marito; la terza, la “Miliardaria” è la sintesi del virtuosismo dialettico di cui Shaw amava spesso dar prova: e che si può senza timor di sbagliare definire insuperabile. Egli ha voluto, nella descrizione di questo personaggio femminile prepotente e predominante in ogni situazione della sua vita, indagare sui motivi per cui “chi è nato per comandare passa sopra i nostri cadaveri in virtù d’un potere misterioso che lo differenzia dalla nostra specie e ci induce a temerlo: cioè a odiarlo”. Ma l’autore ottantenne non era vissuto invano e nella sua lunga esistenza aveva imparato che una donna comanda soltanto se sa farsi amare. |
INFEDELE - DON PIETRO CARUSO - SPERDUTI NEL BUIO - ROBERTO BRACCO Il teatro di Bracco merita di essere riproposto, oggi, al giudizio del lettore, il quale potrà constatarne i valori d’arte e la sempre viva attualità. Questo volume raccoglie tre fra i più rappresentativi lavori del Drammaturgo napoletano. Ne l’Infedele le figura di Clara, con la sua simulata frivolezza e la sua aspirazione a una femminilità che disdegna i facili successi per volgersi a più autentici valori umani, risolve una situazione da “pochade” in una scelta morale. Don Pietro Caruso, forse il più patetico fra i personaggi di Bracco, alternando il burlesco alla tragedia, esprime il dramma della paternità, ferita e delusa in quanto ha di più caro: l’onore dei figli. Sperduti nel buio, col forte contrasto fra ambienti popolari e ambienti aristocratici offre una sintesi dei temi e dei modi più tipici di Bracco: una complessa indagine psicologica si innesta in una problematica sociale e umana che allora parve ardita, e che ancora oggi non mancherà di sorprendere il lettore con momenti di intensa suggestività. |
L'IMPERATORE D'AMERICA - IL DECORATO O'FLAHERTY - IDILLIO VILLERECCIO - GEORGE BERNARD SHAW
L’imperatore d’America è una delle commedie più esplicitamente polemiche di Bernard Shaw. Essa difende la realtà delle democrazie contro le finzioni che mirano a farne un regime di burocrati privi di responsabilità. Un re costituzionale reagisce all’iniziativa d’un capo di governo che mira a fare di lui un firmacarte. Di fronte a una crisi, il re minaccia di abdicare e di presentarsi candidato alla elezioni, come semplice cittadino. La minaccia è sufficiente a lasciare le cose come sono. Il capo del governo è stato battuto sul suo stesso terreno del sovrano. L’ampia prefazione riferisce per intero una conversazione di Bernard Shaw sulla democrazia. La commedia fu scritta nel primo dopoguerra. Nello stesso periodo di tempo fu pubblicato l’atto unico che ha come protagonista” Il decorato O’Flaherty”. I difficili rapporti fra irlandesi e inglesi sono il tema della “scenetta”, che ricorda la “puerile petulanza” con la quale John Bull non capisce “perché coloro che sono sopravvissuti al suo furore non provino nei suoi confronti la giovialità che egli prova nei confronti loro”. Completa il volume l’Idillio villereccio , altra breve e piacevole commedia del grande scrittore di lingua inglese. |
PIGMALIONE - GEORGE BERNARD SHAW Secondo un’antica favola Pigmalione, mitico re di Cipro, scolpì una statua di donna; innamoratasi della sua opera pregò Afrodite di infondere in essa la vita e la dea esaudì il suo desiderio. A questo personaggio allude Shaw nella commedia che presentiamo, scritta nel 1912. Qui Higgins, un professore di fonetica tutto immerso negli studi, educa nella sua scienza Lisa, la giovane fioraia di un sobborgo di Londra, e la introduce nella classe sociale alla quale egli appartiene. Ma, alla fine si accorge di avere costruito una vera donna, con una personalità vivace e indipendente. Shaw si vale della sua straordinaria capacità di dissolvere i luoghi comuni con la forza del paradosso e crea una vicenda ricca di situazioni imprevedibili e di caratteri psicologici acuti e precisi; humour e fantasia, osservazione realistica e giudizio morale si fondono con una armonia e un equilibrio che pongono Pigmalione tra le opere artisticamente più valide di Shaw. E inoltre, il problema tanto discusso delle contraddizioni tra grafia e pronuncia della lingua inglese viene trasferito dal breve accenno della prefazione nella struttura della commedia con quello spregiudicato senso di humour che è la caratteristica inconfondibile di Shaw. |
SANTA GIOVANNA - GEORGE BERNARD SHAW La fortuna della Santa Giovanna Shawiana, diventata un classico del teatro e soggetto ricorrente di trasposizioni cinematografiche, è prova della validità dell’opera e del fascino inesauribile della Pulzella, fascino che soggiogò lo stesso Autore suggerendogli note vibranti di sincera commozione. Innamorato – nei limiti in cui gli era possibile innamorarsi – di Giovanna d’Arco, Shaw non cedette certo alla tentazione, sempre fortissima in letteratura, di falsare l’eroina in senso romantico, ma lasciò che l’amore gli offuscasse il cervello come il suo – facendogli accogliere ed accettare nella costruzione del personaggio anche elementi di solito assai lontani dal mondo lucidamente razionalistico che gli era proprio. Il risultato è un Giovanna nuova, oseremmo dire, restituita alla sua schiettezza di contadina lorenese senza che un’oncia della nostra ammirazione per lei debba andare perduta. |
STORIA DEL TEATRO - vol.1 - D'Amico
Storico e critico teatrale di fama europea, Silvio d’Amico è considerato il maestro del teatro contemporaneo, lo stimolo fecondo che ha consentito alle nuove generazioni di raggiungere, sia nel campo della regia sia in quello della recitazione, livelli d’arte pari e talora anche superiori a quelli dei più evoluti paesi stranieri. Realizzatore sagace, fondò e diresse l’ “Accademia nazionale d’arte drammatica”, oggi a lui intitolata, e pubblicò importanti periodici per il dibattito dei problemi della scena. continua...
Teorico e polemista, fu il primo, tra gli studiosi italiani, a denunciare l’involuzione ottocentesca del teatro del nostro secolo, smitizzò il grande attore, difese tenacemente la regia moderna. La Storia del Teatro drammatico – a cui d’Amico dedicò tanta parte della sua vita e che, non solo è la sua opera maggiore, ma riassume in una visione globale l’intero arco della sua attività – è un testo fondamentale che ha il merito di essere un classico della storiografia teatrale realizzato con un’angolazione moderna: è la prima storia delle civiltà teatrali scritta in una prospettiva attuale. Nota da anni nella grande edizione in quattro volumi corredata da amplissima documentazione iconografica, viene qui riproposta in un’edizione minore curata e annotata da Sandro d’Amico, figlio dell’illustre critico.
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STORIA DEL TEATRO - Panorama dalle origini ai nostri giorni - Leon Chancerel
Leon Chancerel fu prima di tutto uomo di teatro, la storia essendo per lui un mezzo per servire il teatro vivo: perciò non ha considerato la storia del teatro come una meccanica sequenza di autori e di opere, ma come un’animata presentazione delle esperienze che durante i secoli hanno spinto l’uomo a manifestare la parte più intima di sé e a rappresentare davanti alla comunità ciò che lo turba individualmente e socialmente, ciò che lo affascina, ciò che lo fa godere o soffrire. continua...
Come punto di partenza c’è sempre l’istinto naturale che spinge l’uomo a diventare personaggio, e che è duplice: l’uno, sacro, che ha creato la tragedia antica o i misteri e le rappresentazioni cristiane oppure anche i corali spettacoli delle epoche rivoluzionarie, l’altro parodistico, che nell’attore che ha celato la propria personalità sotto il trucco, la maschera o il costume, scatena il senso del comico e il gusto della burla. Sono i momenti magici del teatro, quelli su cui s’indugia con nostalgia, che molti hanno assaporato nella prima stagione della vita e che di tanto in tanto si ha la fortuna di rivivere in qualche spettacolo. Ma ben presto il teatro cessa di essere manifestazione istintiva per diventare forma d’arte, soggetta all’ispirazione e alle regole: ed ecco l’era degli autori drammatici, con i maggiori che hanno riunito in sé le qualifiche di autori-attori o animatori di teatro, e con tanti altri che hanno invece scritto opere per la scena senza partecipare direttamente alla loro creazione. In queste tre direzioni, che sono i fondamentali nuclei d’interesse che hanno spinto gli uomini a rappresentarsi: spirito di celebrazione, spirito di derisione, letteratura e teatralità, lo Chancerel ha avviato la sua ricerca, avendo la possibilità di collegare autori di epoche e luoghi diversi nella maniera più coerente. Insieme allo spirito di derisione vi è una seconda parte, dedicata al mestiere comico, per l’importanza attribuita agli attori che hanno vissuto per tutta la vita immersi nel teatro, a contatto col pubblico, e che ai figli e ai discepoli hanno trasmesso i segreti del mestiere: i comici dell’arte.
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TEATRO - JEAN PAUL SARTRE Dell’evoluzione compiuta da Sarte, scrittore, filosofo e autore teatrale, questi cinque drammi testimoniano i momenti più significativi. Nei Morti senza tomba ( 1946) ispirato dalla Resistenza francese ma ancora intriso di residui esistenzialistici, c’è l’uomo davanti alla propria coscienza, davanti alla scelta tra sacrificio e viltà. La sgualdrina timorata (1946) ripropone in forme nuove l’antico problema razziale, della corruzione e dell’egoismo di classe. Il conflitto tra intransigenza ideologica e compromesso politico è argomento de Le mani sporche (1948). Poi, con Il diavolo e il buon Dio, il teatro di Sarte conosce il suo momento epico, allarga i termini dell’indagine dall’uomo agli uomini e alla loro relazione con l’esistenza. Nel 1955, Nekrassov, arricchisce le tematica sartriana di invenzioni satiriche, di gustose trovate, di una nuova e più vitale “linea di condotta”, la quale ci dà ancora una volta la misura di un ingegno acuto, irrequieto, tra i più sensibili ai problemi del nostro tempo. |
TEATRO COMICO - Dario Fo
Gli “atti unici” qui raccolti, di cui Dario Fo è stato anche protagonista, regista, scenografo e costumista, sono l’espressione più autentica del suo teatro comico, così moderno e attuale ma pur legato alla nostra tradizione più viva. È un teatro che scaturisce da una voglia incontenibile di far ridere il pubblico, ma anche da un sensibile umor caustico saldamente ancorato alla vita di ogni giorno; talora così prevedibile da divenire poetico, malioso come una vecchia canzone, talora così inaspettato da apparire sconcertante; un teatro che affonda le radici nella commedia dell’arte e nella farsa popolana del primo ‘900, che coglie elementi del teatro elisabettiano e di quello espressionista; ma, insieme, un teatro inconfondibile che è essenzialmente Dario Fo. |
TEATRO DI SAMUEL BECKETT - Samuel Beckett
Giunto alla notorietà nel 1953, quando i due vagabondi di Aspettando Godot calcarono per la prima volta le scene parigine, Beckett è considerato oggi uno dei drammaturghi più validi e originali del teatro contemporaneo. Contrario ad ogni definitiva interpretazione o classificazione della sua opera, egli sembra voler dire essenzialmente questo: che la vita è una violenza astratta, senza senso, perché non è nulla e non corrisponde a nulla. continua...
Il mondo delle sue commedie, infatti, è un immenso, spento, desolato, deserto entro il quale agiscono e parlano personaggi assurdi, toccati da una drammaticità fatta di grottesco e di comico, di vuoto, di silenzio, di ostinazione: così Vladimiro ed Estragone, Pozzo e Lucky, nell’eterna e sempre delusa attesa di Godot; così Hamm e Clov, Nagg e Nell, gli inutili e sterili sopravvissuti di Finale di partita; così Krapp che nell’ Ultimo nastro ascolta la registrazione di un passato che non ha rapporti con la sua realtà clownesca; e così Winnie che in Giorni felici abbellisce di parole la propria fine imminente. Personaggi, insomma, dominati da una cieca monotonia, da un immobilismo senza fine, ma insieme terribilmente aggrappati alla vita, a un’attesa che li determina e condiziona. Un teatro, quello di Beckett, della non azione, e in cui la parola costituisce l’unico spiraglio per l’umana pietà.
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TORNIAMO A MATUSALEMME - GEORGE BERNARD SHAW “Pentateuco metabiologico” è la denominazione attribuita da Shaw al teatro al vasto quadro scenico di Torniamo a Matusalemme. Come i cinque libri di Mosè sono i primi libri della Bibbia, così Shaw dice d’essersi proposto di porre le basi della Bibbia moderna. Naturalmente, le affermazioni del commediografo che questa volta insiste ancor più del solito sulle lunghe prefazioni e sui poscritti conclusivi, non vanno sempre prese per oro colato. E quando Shaw mostra di battersi per una nuova religione, che dovrebbe o vorrebbe essere l”evoluzione creativa”, non sappiamo se dobbiamo completamente aver fede in lui. Ma in Torniamo a Matusalemme possiamo aver fede senz’altro, perché l’opera è un richiamo a quella Provvidenza che gli uomini hanno creduto di allontanare da sé, ma cui debbono sempre fare ricorso, quale che sia il nome che di volta in volta le attribuiscano. Soprattutto ha il dono, l’opera, di fiorire del tutto dimentica di problemi religiosi e filosofici, per rimbalzare sempre nuova e diversa, giovane d’una vitalità la quale veramente potrebbe indurci a credere che “l’immortalità è naturale, mentre la morte è soltanto un artifizio che la rende sopportabile.” |
TRE COMMEDIE PER PURITANI - GEORGE BERNARD SHAW
Le Tre Commedie per Puritani furono rappresentate in America e in Inghilterra tra il 1897 e il 1901, quando Bernard Shaw già aveva sollevato l’entusiasmo del pubblico e della critica con le sue “Commedie Gradevoli”. Per quanto esse rievochino epoche e mondi a lui lontani, sono esempi dello spirito quasi spietato con cui il grande commediografo irlandese amava compiere l’indagine psicologica dei suoi personaggi. Nel “ Discepolo del diavolo”, ambientato nella puritanissima America del 1777, all’epoca della guerra d’indipendenza, il vanitoso protagonista in un’esasperazione di puritanesimo trasforma l’odio in pietà e ha per il diavolo compassione anziché disprezzo. Nel “ Cesare e Cleopatra”, il personaggio del conquistatore, spogliato da ogni retorica ridondanza, rappresenta il trionfo del buonsenso ed ha un fascino addirittura profetico nei confronti degli avvenimenti che sconvolsero il cinquantennio successivo. Nella “conversione del Capitano Brassbound”, ambientata in un Marocco che lo stesso autore ha dichiarato di pura fantasia, riecheggia la sorridente ma acuminata descrizione dei costumi dell’ Inghilterra fine secolo che già era stata al centro di commedie di sapore amarognolo come “Le case del vedovo”. |
TROPPO VERO PER ESSERE BELLO - SUGLI SCOGLI - GEORGE BERNARD SHAW Nel teatro sempre polemico e propagandistico di Bernard Shaw (sua è l’affermazione secondo la quale l’arte è propaganda), le due commedie riunite in questo volume sono tra le più esplicitamente politiche, come del resto è ribadito dai sottotitoli attribuiti all’una e all’altra. Troppo vero per essere bello, non sostiene, come siè soliti fare, l’iniquità del nostro sistema sociale nei confronti dei poveri, bensì la sua crudeltà nei confronti dei ricchi. Questi non ricavano dal loro denaro altro che crucci infiniti e delusioni senza pari. Una giovane ereditiera tenta di sottrarsi a questa condizione, con la complicità di due avventurieri, ma l’ingegnoso tentativo si rivela vano, alla resa dei conti. Ugualmente vano è lo sforzo di sincerità d’un uomo di governo che deve la sua ascesa all’aver sempre macinato sonori discorsi vuoti di contenuto. Dopo un soggiorno in una clinica che lo riabitua a pensare, egli espone un programma che riscuote il consenso di tutti coloro che ne sarebbero danneggiati, ma urta nell’ostilità preconcetta dei reazionari per partito preso e dei progressisti ancorati a vecchi schemi. La sua iniziativa finisce così con il condurre il paese più che mai Sugli scogli. |
TUTTO IL TEATRO - FEDERICO GARCÌA LORCA Tutta l’opera teatrale del poeta e drammaturgo spagnolo è qui presentata nella versione di Vittorio Bodini, autore anche dell’acuto saggio introduttivo che inquadra la tematica e lo sviluppo (purtroppo tragicamente interrotto) del teatro lorchiano. A Mariana Pineda, dramma storico ottocentesco, seguono una freschissima commedia popolare, La calzolaia ammirevole; un dramma simbolistico – surrealista, Aspettiamo cinque anni, un elegante proverbio demussetiano, L’amore di don Perlimplino; una farsa per burattini, Teatrino di don Cristobal, e i frammenti di un altro esperimento surrealista, Il pubblico. Viene poi il grande teatro di Lorca , Nozze di sangue, Yerma, La casa di Bernarda Alba, dove si manifestano i motivi più alti della sua fantasia, incarnati e sofferti dalle sue tragiche eroine, le donne vestite di colori estremi, rosso vivo o nero, amore e morte , nella sanguigna atmosfera andalusa. “la poesia di Lorca” dice Bodini “ nasce insieme col mondo, prima che qualsiasi speculazione abbia potuto introdurre divisioni di sorta nella sua felice bellezza … Un gusto originale e semplice di cose che non si ripetono, su una vita che il miracolo sottrae momento per momento alla morte”. |
UN UOMO E' UN UOMO - Bertolt Brecht
Galy Gay, scaricatore, prende l’identità di un soldato britannico e si comporterà in modo eccezionale come soldato conquistando da solo persino una fortezza. Vi è molta comicità e il superamento dell’espressionismo. Questo testo “mostra come il colonialismo corrompa e renda suo cieco strumento il proletario dei paesi imperialisti(Vito Pandolci). |
UOMO E SUPERUOMO - GEORGE BERNARD SHAW Per quanto difficile possa essere decretare quale sia il capolavoro di Bernard Shaw, possiamo designare fin d’ora Uomo e Superuomo come la sua opera più compiuta. Egli stesso l’ha definita “Una commedia e una filosofia”, a indicare l’unione tra il pensatore e il commediografo. E’ un compendio quasi perfetto del suo pensiero sulla Forza Vitale, suprema legge dell’evoluzione umana e del rapporto esistente tra Uomo e Donna, e soprattutto sul fallimento d’ogni presunzione. “ Uomo e Superuomo”, pubblicato nel 1903, è stato rappresentato per la prima volta a Londra, senza il terzo atto, nel 1905. Il terzo atto ( nel quale Don Giovanni ritrova all’Inferno il Commendatore e Donna Anna) fu rappresentato due anni dopo, nello stesso teatro. Sebbene la sua derivazione e il suo richiamo si rifacciano a Nietzsche e a Shopenhauer e all’immortale personaggio di Don Giovanni, “Uomo e Superuomo” è pur sempre teatro, nella sua forma più elevata e in pari tempo più accessibile. |
LA LOCANDIERA - Carlo Goldoni
Scritta nel 1751 e portata in scena per la prima volta nel 1753 al teatro Sant’angelo di Venezia, la Locandiera è ancora oggi la commedia goldoniana più amata e rappresentata del mondo. Lucido ritratto di una realtà sociale in crisi, con questo testo che, in netto contrasto con il passato, domina la scena utilizzando non solo le arti della seduzione femminile, ma soprattutto astuzia, intelligenza, ragione. |