LA DIVINA COMMEDIA - Inferno - Dante Alighieri
La Divina Commedia è senza dubbio tra le opere più rappresentative della cultura italiana. Scritta da Dante Alighieri, questo poema allegorico – didascalico è universalmente considerato come una delle più grandi opere della letteratura di tutti i tempi, nonché una delle più importanti testimonianze della civiltà medievale, tanto da essere nota e studiata in tutto il mondo. La Divina Commedia è divisa in tre parti, definite “cantiche”, ciascuna composta da 33 canti: Inferno, Purgatorio, Paradiso. Nella Commedia, Dante racconta un viaggio immaginario attraverso i tre regni ultraterreni, che lo condurranno fino alla visione della Trinità. Il viaggio dantesco inizia proprio nell’Inferno, sotto le mura di Gerusalemme. La guida di Dante è Virgilio, che lo accompagnerà tra le anime dannate. continua...
L’ Inferno si apre con un canto introduttivo (che serve da proemio all’intera opera), nel quale il poeta Dante Alighieri racconta in prima persona del suo smarrimento spirituale e dell’incontro con Virgilio. Dante si ritrae, infatti, “in una selva oscura”, allegoria del peccato, nella quale era giunto avendo smarrito la “retta via”, la via della virtù, e giunto alla fine della valle. L’ inferno dantesco è concepito come una serie di anelli numerati, sempre più stretti, che si succedono in sequenza e formano un tronco di cono rovesciato; l’estremità più stretta si trova in corrispondenza del centro della Terra ed è interamente occupata da Lucifero che, muovendo le sue enormi ali, produce un vento gelido. Nell’inferno, ad ogni peccato corrisponde un cerchio, ed oggni cerchio successivo è più profondo del precedente e più vicino a Lucifero; più grave è il peccato, maggiore sarà il numero del cerchio.
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LA DIVINA COMMEDIA - Purgatorio - Dante Alighieri
Dopo essere usciti dall’Inferno, Dante e Virgilio approdano in mezzo al mare, dove s’innalza la montagna del Purgatorio. Il Purgatorio è composto da sette “cornici”, dove le anime non sono condannate per sempre: sul monte i peccatori scontano il loro peccato prima di accedere al Paradiso. Contrariamente all’Inferno, dove i peccati si aggravavano maggiore era il numero del cerchio, qui alla base della montagna, nella prima cornice, stanno coloro che si sono macchiati delle colpe più gravi, mentre alla sommità, vicino al Paradiso terrestre, i peccatori più lievi. |
LA DIVINA COMMEDIA - Paradiso - Dante Alighieri
Dopo aver percorso tutto il monte del Purgatorio, Dante saluta il suo accompagnatore Virgilio; questo perché Virgilio si trova nel Limbo, quel luogo dell’Inferno dove si trovano i non battezzati che hanno vissuto nel bene. A guidare Dante in Paradiso è Beatrice, la donna amata dal Poeta. La struttura del Paradiso è composta da nove cieli concentrici, al cui centro sta la Terra; in ognuno di questi cieli, dove risiede un pianeta diverso, stanno i beati, più vicini a Dio a seconda del loro grado di beatitudine. Secondo la visione dantesca Dio, al momento della nascita, ha donato secondo criteri inconoscibili ad ogni anima una certa quantità di grazia, ed è in proporzione a questa che essi godono diversi livelli di beatitudine. |
POESIE - Vincenzo Cardarelli
Poeta dell’adolescenza dolorosa che presto si consuma nella sua stessa grazia; della morte come dolce strascico di vita che si prolunga in una sera di “ rosea tristezza”, Cardarelli ha portato nella nuova lirica del ‘ 900 il segno di una tensione spesso rivolta, attraverso la mediazione contemplativa, all’astrazione interiore. Così, nella prova del tempo, quella che era forse potuta apparire come un’isola a sé, una voce chiusa nel perimetro della sua assolutezza, è diventata per noi figurazione tangibile di una diffusa sensibilità. Un linguaggio generato sempre da zone segrete dell’animo, ma come illuminato da una sacralità misteriosa (“ il suo linguaggio è drammatico”, scrisse De Robertis), e l’impronta di una “liricità essenziale raggiunta sempre per esperienza”, cioè nella massima purificazione del dato emotivo nel dato estetico, sono gli elementi primi di una poesia che resta come passaggio insostituibile nella storia poetica e culturale del nostro secolo. |
POESIE DISPERSE - Giuseppe Ungaretti
In questo volume, ormai alla quarta edizione, il lettore troverà ventitrè poesie “disperse”, pubblicate in diverse sedi tra il 1915 ( “La verdura estenuata dal sole”) al 1927 (“O navicella accesa”). Primo Ungaretti: quello che conosciamo in parte dall’Allegria e dal Sentimento del tempo, e che confessa di essersi “maturato uomo in mezzo ad avvenimenti straordinari ai quali non è mai stato estraneo”. Un Ungaretti con qualche venatura ironica e discorsiva, perfino con qualche sospetto di futurismo. continua...
Senonchè, già nelle rarissime prove di questo tipo, possiamo sorprendere la “ primordialità, elementare o complessa, monodica o corale” cui accenna nella prefazione Giuseppe De Robertis: le prime gittate del linguaggio ungarettiano. Con due correnti, ora sotterranee, ora in piena luce: quella “di scuola o petrarchista” e quella “ di vena e d’estro”. Storia di Ungaretti, storia della parola. La ricerca, instancabile, è di accordo, di compenetrazione, nel fare poetico, tra idea e ritmo. Ricerca non facile. Ma Ungaretti è “pronto a tutte le partenze”. La sua espressione, pur accettando certe basi poetiche, non è mai fissa o allucinata in se stessa ma in qualche misura mobile, avventurosa, con dentro una risicata dialettica. E qui ne abbiamo la prova più convincente: tutte le varianti, criticamente raccolte e “spiegate” dall’attento studio del De Robertis. Varianti per cui mezzo penetriamo nel laboratorio segreto di Ungaretti e che ci forniscono il senso di marcia (e i pentimenti e i risvolti) dell’intera sua poesia precedente al Dolore. Un contributo critico che per altro verso, indirettamente, mette sul tappeto non solo ragioni ungarettiane ma di tutta la poesia del primo Novecento.
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POESIE E CANTI DI PACE DELLA CINA antica e moderna - a cura di Franco Cannarozzo
Poesie e canti di pace: cioè di aspirazione alla pace, attraverso guerre, carestie, alluvioni, prepotenze;quando più chiara si fa la coscienza del bene perduto o mai posseduto. L’interesse dell’antologia, il cui filo si dipana per oltre tremila anni, va oltre una generica comunità di temi per investire, con l’atteggiamento di un popolo e di rispondenze formali, forse la più stupefacente rivoluzione che una civiltà abbia compiuto nel nostro secolo. continua...
Il trapasso da un mondo che era accettazione e natura ad uno che è volontà e divenire umano; analogamente trapasso dalle forma chiuse della tradizione – dalla stessa lingua ormai incomprensibile - alle cadenze libere, alla lingua viva del popolo, ai temi della vita contemporanea che sono peculiari della nuova poesia cinese. Perciò, oltre al sapore delle cose vicine a noi per tempo, un particolare interesse rivestono le 18 poesie di Mao Tse Tung, che, pur appartenendo alla vecchia tradizione per rispetto di schemi, hanno la chiara freschezza polemica delle coscienze rivoluzionarie; mentre indietro nel tempo, per i componimenti tratti dal lontanissimo Libro delle Odi, a quelli di Li Po e di Tu Fu si rinnova lo stupore al magico far parte della natura, agli affreschi minuziosi vasti e congelati che da noi non tarderebbero ad animarsi, a farsi epopea e spesso retorica. L’Antologia, curata da Franco Cannarozzo in collaborazione con studiosi cecoslovacchi e russi, è il frutto di una costante attenzione ai motivi vitali dell’uomo, di una positiva affermazione di speranza.
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TUTTE LE POESIE - Salvatore Quasimodo
“Queste raccolte compongono un’opera di indiscutibile validità. La Sicilia della fanciullezza e della giovinezza è stata cantata con un amore che, da quando il poeta è lasciato l’isola per trasferirsi nel nord dell’Italia, ha avuto sempre maggiore profondità e prospettiva: il paesaggio della sua terra avvolto dal vento, le colonne dei templi greci, la fierezza isolana, i miseri villaggi e le strade polverose tra gli oliveti, l’aspra musica delle onde del mare e dei corni dei pastori … continua...
Tuttavia l’arte di Quasimodo non si deve considerare provinciale: i suoi motivi sempre più si allargano mentre il suo pathos umano prorompe attraverso la forma ermetica alla quale primamente si era vincolato. È soprattutto l’amara esperienza della guerra che darà a Quasimodo il senso del rinnovamento, rendendolo l’interprete della vita morale di tutto il popolo nella quotidiana emozione di ignoti lutti e del sempre presente confronto con la morte. Durante questo periodo il poeta creerà poesie di una così monumentale struttura che vogliamo credere alla loro duratura validità. Quasimodo, naturalmente, non è il solo poeta italiano che abbia cantato il tragico destino del suo popolo, ma la cupa, appassionata gravità del poeta siciliano possiede uno specifico accento. Quasimodo osa esprimere l’audace convinzione che la poesia non è valida per se stessa, ma che possiede la segreta missione di rinnovare l’uomo attraverso la sua forza creativa. Il cammino verso la libertà significa per Quasimodo vincere la solitudine e in questa direzione il poeta indica la propria strada. In tal modo Quasimodo è divenuto una vivissima voce poetica e una una artistica espressione della coscienza popolare, nei limiti di una poesia che conserva, d’altronde, una laconica caratterizzazione e una particolarissima struttura. Modi biblici, nella sua lirica, si accompagnano a motivi dell’antica mitologia la quale, per un siciliano, è spesso fonte di ispirazione: l’atmosfera fondamentale è una cristiana pietà che nei più alti momenti raggiunge l’universalità.”
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